L’immortalità dell’arte

Mi sono persa a guardare un quadro appeso in camera delle bambine. Si tratta di un tinga tinga comprato quando ancora le mie figlie erano lontane dai miei pensieri, durante un viaggio a Zanzibar con i miei genitori. Sono passati 8 anni da quel viaggio e, guardando il quadro, mi sono chiesta che fine abbia fatto M. MR OWA, la cui firma è riportata sul dipinto. Chissà se immagina che la sua opera, venduta per pochi dollari per sopravvivere, sia in camera delle mie bambine, inquadrata con una cornice di strass, che probabilmente non ha neanche idea che esista. E chissà come pensa che siano le case in cui i suoi quadri finiscono. O forse non si pone queste domande. Semplicemente dipinge, perché è la cosa che sa fare, e vende i suoi quadri per vivere. E se fosse morto? Io sto qui ad ammirare gli animali che ho scelto in Africa, che ho pensato di mettere nella stanza dei miei figli, se mai ne avessi avuti, e chi li ha dipinti magari non c’è più.

Poi ho avuto la brutta notizia della scomparsa di Francesco Tabusso, pittore ma prima di tutto amico di famiglia. Un personaggio particolare che, ai miei occhi di bambina, faceva un po’ paura. Una persona d’oro, un pittore-sognatore. E se n’è andato in una sera di neve, la sua passione. Francesco però non è morto, continuerà a vivere attraverso quei personaggi di sogno che popolano i suoi quadri e popolavano il suo mondo. L’arte rende immortali. L’ho sempre saputo, ma non ci avevo mai riflettuto. M. MR. OWA e Francesco Tabusso, tutti e due, vivi o morti che siano, continuano ad essere presenti nella mia casa, a colorare la nostra vita e i nostri giorni.
L’unica differenza è che Francesco Tabusso ne era consapevole, M. MR. OWA no.

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