La situazione lavorativa delle donne in Italia

Alcune settimane fa l’Europa ha mandato una commissaria in Italia per verificare la situazione femminile nel nostro Paese e la visita si è conclusa con un può fare, anzi deve fare, di più. Un bel debito formativo, insomma, a sottolineare il solito “l’alunno è intelligente, ma non si applica”. Gli strumenti ce li avremmo anche per vivere tutti con più serenità, ma manca quell’abbrivio che faccia finalmente decollare le donne. Ricerche continuano a sottolineare che lo stress della cura della famiglia pesa soprattutto sulle donne, che i ruoli si rivelano spesso inconciliabili e che la tanta auspicata flessibilità non è che una chimera.
Sono convinta che molte delle scelte siano influenzate da retaggi culturali che ci portiamo dietro, ma ogni volta che parlo con ragazze come me mi devo ricredere.

La discriminazione sul posto di lavoro, per fare un esempio, è reale! E, cosa ben più grave, si ripresenta in aziende di qualsiasi dimensione. Nelle piccole imprese si assiste impotenti – o quasi – ai licenziamenti bianchi, grazie a lettere di dimissioni già firmate al momento dell’assunzione. In realtà grandi o molto grandi, in cui la tutela nei confronti delle donne e delle mamme dovrebbe essere assicurata, si scoprono soprusi di ogni genere. Dalle brillanti candidate scartate a cui si preferisce un uomo, a spostamenti di sede a dir poco improponibili, dalle riunioni fissate al termine della giornata lavorativa quando una mamma deve schizzare a casa a malcelati demansionamenti. Tutto nella massima “legalità” e con il beneplacito dei sindacati che spesso fanno finta di niente, distogliendo anche le dipendenti dall’intraprendere azioni contro l’azienda.
La maternità, oltre che un costo, è un torto che le dipendenti fanno all’azienda, ostentando diritti a cui potrebbero anche rinunciare in nome dell’amore verso il proprio datore di lavoro.
Ma vogliamo parlare di quanto dura una carriera lavorativa? Siamo ormai oltre i 40 anni. Una donna è “inaffidabile” dal punto di vista lavorativo per – tenendoci larghi – 15 anni. 15 anni sono meno della metà della vita lavorativa.
L’azienda non si rende conto che sta rinunciando . ponendole nella condizione di lasciare il lavoro o di accontentarsi di mansioni dequalificanti – a donne brillanti, di talento e capaci di destreggiarsi in qualsiasi situazione. La cattiva gestione del personale il più delle volte porta il rapporto azienda-dipendente ad incrinarsi irrimediabilmente. Una donna che non si sente appoggiata, ma osteggiata, si porrà in una condizione di difesa e si sentirà un’estranea rispetto a quell’organizzazione che pretende da lei un impegno -anche in termine di ore – a cui lei non può far fronte. Una mancanza di flessibilità che verrà percepita come un muro che mai più verrà abbattuto.
Il talento e le capacità di gestione del tempo e delle risorse, di problem solving, di creatività e di organizzazione le vedo ogni giorno nelle donne che ho conosciuto in Rete, persone che per affermarsi hanno dovuto rinunciare al proprio posto di lavoro per costruirsi in autonomia il proprio futuro. Ma per tutte quelle che hanno avuto l’ardire di buttarsi in una nuova avventura, ce ne sono molte di più che non l’hanno fatto, accontentandosi di ciò “che passa il convento”.
Finché coloro che gestiscono il personale delle aziende – a tutti i livelli – non avranno percepito il potenziale umano che avevano e che sono riusciti a distruggere, la situazione lavorativa di noi donne, in Italia, non migliorerà. Al di là delle politiche a sostegno delle famiglie, completamente carenti, è l’atteggiamento di coloro che pensano di saper guidare le aziende a dover cambiare drasticamente. So che per la mia generazione ormai è tutto perduto, ma lotto perché le mie figlie non debbano vivere dilemmi e scelte logoranti per una visione miope e distorta delle differenze di genere.

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