Alzi la mano chi si è sentito dire “il suo bambino è un po’ insicuro”. Vedo molte mani alzate, anche la mia in effetti. Dalla scuola materna lo spettro dell’insicurezza ci segue, ma poi perché? Sono una mamma, di spiegazioni me ne do sempre molte, ma non sono sicura siano quelle giuste. Ho parlato quindi con Ambra Nagliati, esperta in psicologia dello sport che collabora con Sport Grand Tour. Le ho fatto alcune domande, sull’insicurezza e su come lo sport possa aiutare i bambini a superarla.
Che cos’è, di fatto, l’insicurezza?
Di fatto, l’insicurezza è presente in ogni essere umano: di per sé non è negativa, anzi, alcune volte può essere utile a soffermarsi un minuto in più sulle scelte da prendere; tuttavia, può diventare fonte di disagio quando influenza costantemente tutti gli ambiti della nostra vita (personale, relazionale, lavorativo, scolastico, sportivo).
In questo caso, l’insicurezza da una parte mina l’autostima (giudizio personale), la capacità di porsi degli obiettivi, la voglia di affrontare nuove sfide e di mettersi alla prova; dall’altra incrementa numerose paure (es. paura di non valere abbastanza; paura di sbagliare; paura del giudizio degli altri e di non piacere) e credenze (es. “non ho le abilità adeguate”, “devo essere perfetto”). L’insicurezza può essere anche il terreno fertile per lo sviluppo della timidezza, dell’ isolamento, della gelosia verso gli altri e della paranoia. Questa condizione emotiva limita, dunque, le opportunità che la vita offre e, di conseguenza, genera frustrazione, tristezza e, alle volte, anche rabbia sia verso se stessi sia verso gli altri.
Come affrontare l’insicurezza in un bambino?
Tutti almeno una volta nella vita hanno provato un senso di insicurezza e smarrimento, anche i bambini!
È importante riconoscere nei bambini se l’insicurezza è uno stato d’animo che si verifica una volta ogni tanto in particolari situazioni (come è giusto che sia!) oppure se è un vero e proprio tratto di personalità che incide negativamente sulla loro vita. Individuare la presenza di insicurezza che crea disagio nei bambini è utile perché in questo modo si può intervenire tempestivamente ed evitare che questi ne siano succubi anche da adulti. Prevenire e agire sull’insorgere della sfiducia in se stessi, agevola la crescita personale e la consapevolezza delle proprie capacità, l’aumento di autostima e la definizione di obiettivi adatti alle proprie abilità.
Esistono numerosi metodi, strategie e strumenti per poter uscire da una condizione di insicurezza, tra questi vi è la pratica sportiva.
Infatti, lo sport, oltre ad avere effetti benefici sulla crescita, lo sviluppo fisico e la salute, può essere anche un valido aiuto nel riconoscere il grado di insicurezza del bambino e, soprattutto, nel fungere da palestra per l’incremento della sicurezza in se stessi.
In che modo lo sport aiuta a superare l’insicurezza?
In ambito sportivo, la sicurezza in se stessi è strettamente legata al concetto di autoefficacia.
L’autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di eseguire determinate azioni al fine di raggiungere obiettivi e risultati prestabiliti (Bandura, 1997). In altre parole, con questo termine si fa riferimento alla consapevolezza della persona di possedere determinate capacità che le permettono di raggiungere i suoi scopi; è la convinzione personale di saper fare una determinata cosa (“io so di saper fare…”).
Quando un atleta si sente autoefficace, è sicuro di sé e delle proprie abilità, si pone obiettivi ad esse proporzionali, vede le difficoltà come delle sfide stimolanti e l’errore come fonte di apprendimento.
La sport, per sua natura, sprona l’atleta a porsi degli obiettivi e gli permette di mettersi alla prova. Attraverso la pratica sportiva, inoltre, si sperimentano diverse abilità (fisiche, tecniche, relazionali), che possono essere rafforzate, migliorate e modificate con l’allenamento costante. È proprio grazie ad esse che si ottengono risultati. Tutto ciò va ad aumentare la fiducia in se stessi.
Quindi, aumentare con lo sport la consapevolezza delle proprie capacità (autoefficacia) permette di aumentare la sicurezza in se stessi.
Secondo Bandura, esistono quattro fonti di autoefficacia:
- Esperienza diretta: fa riferimento all’esperienza personale di successo dell’atleta. Quando l’atleta vince una competizione, si sente maggiormente in grado di affrontare quella successiva.
- Esperienza vicaria: corrisponde all’osservazione e apprende un gesto tecnico di un compagno di squadra con simili capacità. L’idea è “se ci è riuscito lui, posso farcela anche io!”.
- Persuasione verbale: corrisponde a ciò che l’atleta si dice mentalmente (self talk) e a ciò che gli viene detto dagli altri (allenatore, tifoseria, compagni di suqadra). Il ruolo dell’allenatore è fondamentale per stimolare il potenziale del giocatore.
- Stati emotivi e fisiologici: il modo in cui si interpretano le reazioni fisiche e fisiologiche influenza l’autoefficacia. Dare il giusto significato a un’emozione o a una sensazione ci aiuta a vivere meglio la situazione sportiva che ci si presenta.
L’autoefficacia può aumentare se si fa leva in modo corretto su queste quattro fonti.
Che differenza c’è tra autoefficacia e autostima?
L’autostima non si riferisce alla valutazione personale delle proprie capacità, ma piuttosto a una valutazione generale che la persona ha di sé (es. “sono una brava persona”). Per quanto autostima e autoefficacia siano due concetti ben distinti, tra loro sono strettamente legati; tant’è che quando un atleta aumenta la propria autoefficacia perché si accorge di poter superare gli ostacoli che si presentano e di riuscire a raggiungere gli obiettivi che si è posto, si sente più sicuro di sé e, quasi naturalmente, l’immagine che ha di se stesso migliora. L’idea è: “Se posso farcela in questa situazione, posso farcela anche in molte altre. Sono una persona tenace, combattiva, migliore!”; “Se metto alla prova le mie capacità e mi accorgo che riesco, man mano conquisterò un maggiore auto apprezzamento”.
Nonostante lo stretto legame tra autoefficacia e autostima bisogna stare molto attenti a non confonderle e soprattutto a non accoppiarle sempre e comunque. Quando un atleta perde o sbaglia un gesto atletico è importante che dia una valutazione solo sulla performance di quel momento e che questo giudizio non si allarghi all’intera persona (sbaglio quindi sono una brutta persona, faccio schifo). Questa associazione può essere pericolosa anche in casi di riuscita (faccio giusto quindi sono una bella persona). Infatti, bisogna tenere sempre presente che il saper fare (che può sempre essere migliorabile) non corrisponde al valore intrinseco di una persona, perché quest’ultimo prescinde da qualsiasi performance e risultato. Nei bambini è molto importante sottolinearlo e aiutarli nella distinzione tra questi due concetti. Quello che si dicono nella mente influenza la loro prestazione. Aiutiamoli a pensare nel modo più funzionale possibile!
Insegnare a fare questa distinzione è ancora più impellente quando si interagisce con bambini insicuri. Infatti, spesso capita che siano proprio questi bambini a fare confusione tra i due termini e a mirare alla perfezione per sentirsi adeguati; questo perché pensano che soltanto in questo modo possono essere accettati, amati e riconosciuti.
Trovare lo sport in cui si ha talento è quindi un modo per toccare con mano la propria autoefficacia, testare le proprie capacità e mettere in campo le abilità che possono essere usate anche in altri ambiti. Sport Grand Tour aiuta il tuo bambino a trovare il suo sport in vari modi:
- un’unica iscrizione a tutti gli sport: scegli uno sport e lo pratichi per due mesi, dopo i quali puoi confermare per il resto dell’anno o cambiare, finché non trovi il tuo sport;
- pacchetti da 4 ore di lezione di uno o più sport.
Da mamma di una bimba insicura, ho abbracciato Sport Grand Tour come un modo soft per accompagnare mia figlia nella scelta di uno sport che le desse conferme e la facesse sentire efficace. Abbiamo trovato l’atletica. Tra qualche tempo farà anche un pacchetto di lezioni di skateboard, su sua richiesta.
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