Affrontare le sconfitte

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Odio perdere.

Odio le sconfitte, quel senso pungente di bruciore allo stomaco, una leggerissima quanto fastidiosa nausea e il calore delle lacrime che salgono agli occhi. Non mi piace provarne il sapore amaro e la cosa che più malsopporto è il fastidio che mi procurano. I fallimenti, odio anche questo termine a dir la verità, sono un misto di vergogna e dolore fisico che scuote animo, cuore, cervello e corpo.

Quando perdo c’è il momento delle ferite da leccare, c’è quella bolla di compiacimento in cui amo infilarmi per qualche ora. Le sconfitte le odio, è vero, ma tutto quel magma di sensazioni che ho tentato di descrivere è materia malleabile, che potrebbe assumere la forza di un’enorme palla di fuoco piena di energia e potenza. Appena subita la sconfitta, non mi è ancora chiaro cosa accadrà. In genere neanche ho la percezione del potere della sofferenza, mi limito a stare ferma e lasciarmi pervadere dall’istinto distruttivo. Mi pare che tutto sia in discesa, in una caduta verso il basso inarrestabile. L’ineluttabilità della vita mi appare in tutto il suo dolorosissimo splendore.

La mia camera di decantazione fa il suo effetto benefico. Non c’è un tempo predefinito, può durare qualche minuto o protrarsi per alcuni giorni. Dopo aver lasciato sfogare l’istinto, inizio ad accorgermi che la mente ricomincia a lavorare, cercando il liquido nel bicchiere per poter ricominciare a sperare che la metà sia piena. La sconfitta porta con sé l’inevitabile riflessione su se stessi, sulle proprie capacità e l’ingrato compito di mettersi in discussione. Aggiungo la mia profonda insicurezza ed ecco perché una sconfitta sembra distruggermi in mille microscopici pezzettini.

Da questi pezzettini poi si ricostruisce una Cristiana ogni volta più forte e resistente, ma con una corazza sempre più indistruttibile, sotto cui la vera me è nascosta sempre meglio, ogni volta di più. Ed è questa la ragione ancora più profonda del mio odio per le sconfitte.

Prima o poi passa. Ma il durante resta scottante e irritante. L’importante è che nessuno cerchi di entrare nella bolla.

 

Con questa mancanza di attitudine alla sconfitta, non sono la persona ideale per affiancare le mie figlie quando la vita dà loro i primi scossoni. Però, è brutto sentirlo dire da una mamma, lo so, quando si tratta di altri il mio approccio è molto diverso, so qual è la strada, tengo per mano e mi comporto come una brava coach motivatrice. Offro il mio sostegno e sono una spalla su cui piangere, anche se dentro brucia ancora di più delle mie personali sconfitte. Sarà che ho una certa predisposizione personale per fare la mamma, ma in effetti questo “mestiere” tira fuori il meglio di me, anche nelle occasioni peggiori. Chapeau alle mie bimbe, che mi fanno essere una persona migliore!

 

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