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Sono stata una bambina sovrappeso, ho fatto la mia prima dieta in terza elementare e da una vita mi porto dietro un rapporto complesso con il cibo. Niente di patologico, ma per me il cibo rappresenta molto di più di un bisogno primario, è carico di significati profondi, sinonimo di affetto, dimostrazione d’amore. Lo dimostra il mio yoyo continuo, sempre nell’area del sovrappeso. Di accettazione di sé e bilance però parleremo in un altro momento, ora voglio affrontare il tema dell’alimentazione dei bambini. Perché? Sono un po’ stufa di sentirmi dire quanto sono stata fortunata, con Sofia e Cecilia.
Con la situazione pregressa che vi ho appena raccontato, ho affrontato lo svezzamento e l’alimentazione delle mie figlie con un approccio il più logico e sereno possibile.
Il cibo serve per vivere e volevo che per le mie figlie non avesse altri significati.
La Piramide Alimentare
Ho così impostato fin da subito, per Sofia e poi per Cecilia, un’alimentazione varia, semplice e appagante, basata sulla Piramide Alimentare Mediterranea (cliccando sul link trovate la versione più aggiornata, creata in occasione della III Conferenza internazionale del CIISCAM – Centro Interuniversitario Internazionale di Studi sulle Culture Alimentari Mediterranee).
Abbiamo la fortuna di vivere in una zona del mondo che ha tradizioni alimentari che addirittura sono state riconosciute dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità, quindi è davvero facile scegliere per i bambini cibi vari e sani.
Fortuna?
Ancora oggi c’è chi dice, vedendo a tavola Sofia o Cecilia, che io sia stata fortunata con loro: “Mangiano tutto, è una fortuna”. Ecco, no, non considero l’alimentazione delle mie figlie una fortuna ma il frutto di un lavoro durato anni, di un impegno costante, anche quando sarebbe stato più comodo accettare di preparare per la terza sera di seguito una minestrina con il dado (il piatto preferito da Sofia, ancora adesso), invece che cercare informazioni e idee sull’alimentazione dei bambini.
Non ho ceduto: fin dalla gravidanza sono stata attenta a ciò che mangiavo, seguendo la stagionalità, variando ogni giorno. E poi con lo svezzamento – autosvezzamento per Cecilia – ho da subito iniziato ad abituarle a tutti i sapori che mi capitasse di incontrare. Cecilia a 10 mesi stava mangiando un piatto di pastina al pomodoro fresco. Io mi ero fatta una fetta di pane e gorgonzola, che lei a gesti e mugugni ha chiesto di assaggiare. Non dimenticherò mai la sua gioia dopo aver provato quel sapore!
Convivialità
E poi, la convivialità: cosa c’è di più bello che sedersi a tavola tutti insieme, chiacchierare, condividere le esperienze della giornata e consumare la cena, INSIEME? Ancora prima di iniziare lo svezzamento, c’è stato un posto a tavola per le bambine, perché per me era importante che si sentissero parte di quell’atmosfera nella nostra famiglia. Sono poche le volte, in 12 anni, in cui non ho pranzato o cenato con le bimbe, se eravamo in casa. Niente tv in cucina per noi: a tavola si chiacchiera e si sta insieme, ci si gusta il cibo che qualcuno ha preparato e si aiuta a sparecchiare, prima di riprendere ognuno le proprie attività.
12 anni fa quest’elemento non c’era nella Piramide Alimentare, mentre ora è stato inserito come uno dei pilastri dell’alimentazione corretta.
Il buonsenso
Variare i cibi e usare prodotti di stagione, comprando il più possibile materie prime che non hanno affrontato viaggi transatlantici per arrivare sulla nostra tavola, a me sembra solo usare il buonsenso, la qualità che da genitore e da Persona è più preziosa tra tutte.
Cibi vietati
A casa nostra non ci sono cibi vietati, o fast food al bando. Si fa merenda con le merendine, spesso, si mangiano cibi ipercalorici e per nulla sani. È l’eccezione, non la regola, perché credo che siano le buone abitudini quotidiane ad essere importanti nella crescita delle mie ragazze. Ricordo un’amica, da adolescente, la cui mamma le vietava di mangiare al Mc Donald’s e le lasciava in frigo il pranzo pronto – verdure bollite e pollo alla griglia, principalmente. Quel pranzo finiva regolarmente nel bidone della spazzatura all’angolo, sostituito da un pranzo da asporto composto da hamburger, patatine fritte, Coca-Cola o da mezzo chilo di gelato. Non è vietando che si insegna a mangiar bene, ma è come sempre usando il buon senso.
È tutta questione di equilibrio.
Lo sport
Ed eccoci al punto cruciale, a cui ho da sempre pensato nella crescita delle bambine. I bambini devono muoversi, devono fare attività fisica, devono essere liberi di correre al parco, di arrampicarsi, di giocare, di sudare e sporcarsi, da quando sono molto piccoli. Crescendo, hanno bisogno che le ore seduti a scuola siano compensate da ore di movimento, di sperimentazione e di sfida. Così, se i primi anni di vita delle bimbe abbiamo passato tantissimi pomeriggi al parco, dai 5 anni hanno iniziato a provare tantissimi sport, tutti quelli in cui chiedevano di cimentarsi: dal ju-jitsu al nuoto, dallo snowboard alla danza, dallo sci al tennis. Abbiamo frequentato palestre e piscine, fatto i tuffi dagli scogli, sciato insieme, frequentato centri estivi multisport, in poche parole SPERIMENTATO. Adesso lo sport è diventato qualcosa di più serio, per entrambe a livello agonistico, in due discipline diverse. Non esiste alimentazione sana se alla base non c’è lo sport. Verissimo, ma lo sport è anche una palestra di vita insostituibile, da preadolescenti e adolescenti.
Guardando indietro non mi sembra di aver fatto nulla di fuori dal normale o infattibile. Ma oggi posso dire con serenità che sono riuscita a non trasmettere nulla del mio rapporto poco sano con il cibo alle mie figlie. Da qui in poi, la palla inizia a passare a loro.
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