La montagna da mamma

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Ci sono ecosistemi che continuano ad essere latenti dentro di te, anche se ti hanno tradita togliendoti serenità e sonno, e sono pronti a riaccoglierti come se non fosse passato nemmeno un giorno dal l’allontanamento. Sto scrivendo questo post sulla neve, mentre con un occhio intravedo una figlia scivolare sullo slittino e con l’altro mi godo lo spettacolo della seconda che sfreccia dietro il maestro. Il vento pungente sulle guance, il sole caldo negli occhi, lo scricchiolio della neve sotto i piedi. La montagna da mamma è il luogo di una settimana bianca lontano dalle pressioni della città. Non avevo mai vissuto la montagna da mamma, io che ho trascorso ognuno dei miei weekend dell’infanzia sulla neve. È strana la sensazione che provo, sdoppiata tra un ritorno a casa, alle origini, un Deja-vu che mi fa rivedere negli sci di Cecilia i miei, e un modo nuovo di vivere la maternità e la montagna, entrambe.
La montagna da mamma è più faticosa del dolce e ozioso mare. È più dolce, però, per me, perché mi riporta ad anni lontani, a quando partivamo il mio papà ed io il venerdì all’uscita da scuola, alle cene del venerdì sera a base di gnocchi alla bava (“penseranno che io non abbia la mamma”), al treno del sabato che mi riportava la mia mamma, alle sveglie alle 7 della domenica per le gare, ai rientri la domenica sera dopo cena (“che così non c’è traffico”).
Poi la montagna mi ha tradita, portando a galla tutto quello che in troppi cercavano di tenere nello sgabuzzino. E l’ho odiata, respinta, ignorata, eliminata. Ma l’odore della neve è rimasto chiuso nel mio cuore per tutti questi anni, pronto a rifarsi vivo appena l’attacco dello sci avesse stretto lo scarpone della mia bambina, con quel “tlac” che significa solo che una nuova avventura sta per iniziare, sci ai piedi, freddo sulle gote e sole negli occhi.

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