
E proprio da qui, penso al perché ogni mattina, in vacanza, io mi carichi come uno sherpa e affidi zainetti alle ragazze, direzione spiagge selvagge.
- Per i bambini è territorio di sperimentazione dei propri limiti e della natura: imparare a nuotare, a fare un tuffo dove l’acqua è più blu, a vivere il mare senza cemento e cabine.
- Less is more: la spiaggia selvaggia mi ha insegnato che per passare una giornata indimenticabile basta avere acqua e un panino, crema solare e un telo mare (magari di lino per non appesantire la borsa), maschera un costume di ricambio per i bambini. Il resto è superfluo, quindi può rimanere a casa.
- L’incanto della libertà mi resta nel cuore per tutto l’inverno.
- Se ho voglia parlo con qualcuno, altrimenti posso anche stare in silenzio ad ascoltare Sua Maestà la Natura.
- Se voglio, dico addio al reggiseno e faccio il bagno in topless – protezione 50+ obbligatoria!
- Addio alla mondanità: sono un essere generalmente socievole, che gradisce la compagnia e tollera molto bene il caos. Ma in vacanza no. In spiaggia men che meno. Non mi importa nulla delle sfilate di costumi firmati, di obbligo di vestizione per andare a ordinare un Solero al bar, di occhi che ti giudicano se pesi due etti in più dell’anno scorso o hai un buco in più di cellulite.
- Il vento, che accompagna tutte le nostre vacanze nel nord Sardegna e che scuote le spiagge selvagge che tanto amo. Il vento che tra le file di ombrelloni non riesce a penetrare, rendendo il microclima delle spiagge liguri simile a quello del Borneo, e che invece mi permette di stare tra acqua e sabbia anche all’una.
- La conquista: come per il trekking in montagna, arrivare in spiaggia dopo una camminata lunga è una soddisfazione che rende il primo bagno della giornata qualcosa di indimenticabile, ogni giorno. La soddisfazione è inversamente proporzionale al numero di bagnanti presenti.

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