Poi ad un certo punto, all’improvviso, non hai più voglia di parlare. Ti sembra che il fiato sia sprecato e la fatica che fai per farti ascoltare ti sembra insormontabile. Parole buttate nell’aria che non raggiungono nessuno e che fluttuano confondendosi con un brusio assordante.
Un nodo che ti stringe la gola, che sembra avvolgere le corde vocali, da cui i suoni fanno fatica ad uscire.
Per noi che viviamo giocando con le parole, che lavoriamo e interagiamo con esse, il black out che ogni tanto ci piomba addosso è una condizione innaturale.
Una pausa di silenzio è come una boccata d’ossigeno dopo qualche minuto d’apnea. E proprio di questo si tratta: di una reazione del corpo che, per ricaricare le batterie, sente la necessità di vivere il silenzio, entrare nelle sue spire, farsi avvolgere dalla sua immensità… per poi rituffarsi nella mischia, a parlare, spiegare, raccontare, scrivere, parlare e far fluire parole.
Ogni tanto ci vuole!
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Come diceva una bellissima canzone, “the sound of silence…”