Per noi, novelli della società multirazziale, in questi giorni c’è stato il battesimo della diversità. Nella mia vita “comoda” non ho mai avuto contatti diretti con chi è arrivato in Italia da altri Paesi.
Quando andavo a scuola, l’immigrazione era agli inizi, il mio quartiere è rimasto immutato negli anni e la mia primogenita va in un asilo gestito da suore. I contatti con “l’altro” sono stati quasi assenti.
E nella mia testa si è formata – oggi sono in vena di outing – una strana idea secondo la quale la presenza di bambini arabi o sudamericani o dell’est europeo o cinesi fosse un elemento negativo nella scelta di una scuola.
Poi ci siamo trovati nella condizione di tentare l’approdo all’asilo nido comunale, per questioni economiche e formative, con la consapevolezza che ci saremmo trovati in una situazione nuova.
In questi giorni di inserimento della piccola ho avuto modo di inserirmi anche io con le altre mamme e – sapete cosa vi dico? – ne sono entusiasta.
Ma volete mettere la ricchezza dal punto di vista culturale del poter conversare con persone con trascorsi lontanissimi dalla mia vita “nata-in-un-posto-mai-spostata-da-lì”?
E immaginatevi che i nostri bambini in questo ambiente scoppiettante, di incontro e fusione di culture e religioni, ci stanno tutto il giorno e tutti i giorni.
Solo in questi giorni ho capito la forza dell’aggregazione, della fusione delle diversità, dell’amalgama dei popoli. L’ho vissuto come una rivoluzione nel piccolo di una classe e lo immagino proiettato sui grandi numeri.
Questa “invasione” a cui abbiamo e a cui stiamo assistendo può portarci tanto a livello di crescita personale e culturale, può davvero aprirci la mente. Basta mettere da parte i preconcetti e immergersi nella realtà.
Vi riporto uno spunto che mi ha dato una mamma dell’asilo di Cecilia: se ogni bambino di origine diversa potesse trasferire agli altri la sua lingua, sarebbe arricchente per tutti, i nostri figli conoscerebbero altre lingue “vivendole” e i bambini non italiani imparerebbero altrettanto bene l’italiano. Non sarebbe una follia così grande, se solo si affiancassero alcuni insegnanti madrelingua che facessero da “mediatori” in questo scambio.
Abbiamo una grande ricchezza davanti agli occhi e continuiamo a sputarci sopra, questo è il motivo della mia amarezza.
Dunque, il mio vuole essere un invito ad aprire gli occhi, io l’ho fatto solo ora e probabilmente ho perso tanto. Allarghiamo i nostri orizzonti, non curiamoci solo del nostro giardinetto rifiutando il nuovo e il diverso. E’ da lì che si impara, da lì che si cresce, come persone e come popolo.
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Anche io sono una mamma aperta alle altre culture, mi incuriosiscono e affascinano. Ma un giorno una mamma mi ha posto un quesito: La sua bambina è in classe con altre 4 bambini marocchine e quattro maschietti italiani. E’ una classe di soli 9 alunni. Le bambine marocchine fanno gruppo a sè e la bimba italiana resta sempre sola o si agfgrega ai maschietti. la mamma è preoccupata per quando frequenteranno le scuole elementari, sarà sempre messa da parte. Ti ritrovi nel tuo paese, ma sei tu la straniera…Ti pare possibile? La bambina ne soffre. Sarà un caso, ma i bambini extracomunitari sono sempre in aumento e molti italiani scelgono le scuole private a fronte di sacrifici, per non avere questi disagi. Io lo lascerò nella scuola pubblica, il mondo è questo e lui deve imparare a conviverci!
Bye
Per unirmi al coro con un sorriso….. Il primo anno di materna in una scuola pubblica del mio piccolo Leo, biondissimo , bianco e rosa, padrone di un ottimo italiano gia’ a due anni e mezzo, era cosi diverso dagli altri , colorati di tutti i colori del mondo e del sud Italia, che era preso di mira dai coetanei con dispetti e scherzi tipici dell’eta’. Era una forma di razzismo anche quella. . . (Io e mio marito sghignazzavamo ai suoi racconti…. Di quelle che sembravano spedizioni punitive alla rovescia di come andava ilmondo). A noi e’ servito tanto per capire che diverso e’ diverso, non ci sono balle, ma che e’ la conoscenza piu’ approfondita dell’altro che ce lo fa vedere non piu’ diverso ma cosi’ simile a noi da diventarne amico. Cosi’ e’ stato con ‘Melisa, albanese e Eduarda, peruviana, con le loro adorabili famiglie, hanno accettato che quel bimbo diverso (il mio) fosse teneramente, giocosamente e veramente loro amico!
Penso che la diversità sia sempre motivo di arricchimento se correttamente gestita dalle insegnanti e dai genitori. A volte il problema è nella scarsa preparazione delle educatrici ad affrontare classi miste e nella poca apertura mentale di talune culture nei confronti della nostra. Credo comunque che valga assolutamente la pena rendere i nostri figli liberi cittadini del mondo.
Brava 100%mamma! Bello il post e necessaria la riflessione.
Vedo che le esperienze di integrazione che mi raccontate, positive o dolorose che siano, sono dei punti di crescita notevoli per chi le vive.
Spero di continuare su questo percorso. Devo aggiungere una cosa: quando una dolcissima mamma maghrebina di una compagna di Cecilia si ferma a chiacchierare con me, sento di far parte di quel “mondo” in cui aspiro a far vivere le mie figlie.
Ho scritto anche io da poco su questo tema perchè ritengo che parlane sia molto importante specialmente con i nostri figli che saranno il nostro futuro.
Se hai voglia di leggerlo:
http://prioritaepassioni.blogspot.it/2012/09/educare-alla-diversita.html