Italbasket, a un passo dal sogno

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Fa male. Oh, se fa male lo sport. A farti stare così di merda sono gli occhi delusi di quella squadra in cui tanto hai creduto. La delusione fa crescere, ma a me diventare cinica non va proprio. Voglio continuare a mantenere questa capacità di emozionarmi ed esaltarmi per una partita, per un nuovo progetto, per un bacio. Insomma, crescere a volte fa schifo.

Non sono capace a dire “si ricomincia da qui”, mi innervosisce chi è così distaccato da riuscire a commentare in modo sensato e corretto appena finita la partita, appena il sogno si è spento. Ieri sera, alla premiazione della Croazia, con tanto di samba e lancio di coriandoli giallo-verdi, sono uscita. Non sono capace a battere le mani, a riconoscere, in quel momento, la superiorità dell’avversario. Chapeau a chi ce la fa, io evidentemente non sono abbastanza sportiva per riuscirci. O forse solo non sono ancora adulta abbastanza.

La mia voce è rimasta al Pala Alpitour, non ho smesso un secondo di incitare i giocatori, di cantare, di urlare. “È saltata la mia copertura” ho sussurrato ad Andrea durante il terzo quarto, quando il mio spirito agonistico e da tamarra della curva aveva avuto il sopravvento sull’educazione sabauda. Tornata a casa, dopo una birra e un cheeseburger a base di confronto e di recriminazioni, non ho dormito, perché per riassorbire tutta quell’adrenalina il corpo aveva bisogno di tempo. “Adesso ci addormentiamo e domani mattina ricomincia tutto il Preolimpico” sono state le ultime parole che ci siamo scambiati prima di dormire.

L’amaro in bocca di stamattina mi ha svegliata con la consapevolezza che invece era tutto vero.

Questo preolimpico l’abbiamo sognato per molti mesi. È iniziato con una voce, “preolimpico a Torino”, Petrucci e Malagò che si confrontano sul tema. Gruppi Whatsapp in fibrillazione, amici da tutta Italia che chiedevano lumi, “aspetta che chiedo a chi ne sa”, le voci confermate, aspettiamo marzo per l’ufficialità, “cavolo, non ci credo, la nazionale a Torino”, “sarà una settimana esaltante”, ancora gruppi whatsapp, biglietti in vendita, amici che si arruolano come volontari, maglie dell’Italia che iniziano a comparire e poi, 10 giorni da sogno.

Ieri sera ci credevamo, eravamo a un passo, stavamo già organizzando serate sarde con gli amici di sempre per vedere insieme le partite dell’Olimpiade di Rio. E, invece, ogni volta che vedrò le mie bimbe con quella canotta dell’Italia, mi ricorderò che è stato un sogno. Un bel sogno, infranto.

 

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