Vivere due volte l’infanzia

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L’infanzia è un soffio. Chiudi gli occhi e i jeans sono troppo corti, le risate si trasformano in pagine di diario scritte fitte fitte, le corse giù dalla collina diventano musica nelle orecchie e sospiri. E poi, anche quella stagione così agrodolce fatta di sogni, aspirazioni, discussioni sui massimi sistemi finisce in fretta. Gli anni passano veloci, senza che riusciamo a prestare attenzione ai dettagli che riempiono le nostre giornate. Ci sono gesti ripetuti, odori familiari, luoghi che ci hanno accolti, sapori di casa, occhi sorridenti pronti a condividere, braccia che contengono e supportano, canzoni, angoli, oggetti. Poi man mano le situazioni cambiano e di quei piccoli dettagli non ci ricordiamo più, presi come siamo a inseguire un nuovo amore, a lavorare a un progetto che ci appassiona, a costruire il nostro futuro.

Ma quando diventiamo genitori siamo costretti a tirare il freno a mano delle nostre vite, mettere in stand-by la nostra esistenza “esterna” per diventare i pilastri di una nuova vita che deve crescere e fiorire. E allora è un po’ come se riavvolgessimo il nastro e rivivessimo, con un occhio diverso, la nostra infanzia con le sue tappe che ci hanno portato ad essere quegli adulti che oggi siamo. Con i nostri figli abbiamo una seconda opportunità di vivere l’infanzia, questa volta attraverso i loro occhi. Le loro scoperte possono, di nuovo, essere le nostre, le loro cadute incontrano le nostre braccia pronte ad attutirle, i loro successi si riflettono nell’orgoglio dei nostri occhi.

Quest’opportunità va colta. Dobbiamo imparare ad assaporare e godere di attimi di semplice e fresca felicità. Dobbiamo piegare le gambe, abbassare il nostro sguardo fino a rivedere di nuovo il mondo dall’altezza di un bambino. È un grande dono essere protagonisti per 2 volte della magia dell’infanzia.

Non vi capita mai di sentire un odore, come quello della menta selvatica in un prato, ed essere catapultati in un flashback che vi riporta ad una situazione che vi sembrava sepolta nella memoria? A me di continuo. Perché tutti dicono che “quand’eravamo piccoli noi era tutto diverso” ma per me analogie e situazioni sono granitiche ed eterne. Ci sono cose che non cambiano, canzoncine che sono le stesse che cantavo all’asilo, marche che hanno segnato la mia infanzia e che tra qualche anno saranno un dolce ricordo per le mie bambine.

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Qualche anno fa, al supermercato, la mia attenzione è stata attratta da una confezione nel reparto dolciumi. Era bianca, dall’aspetto retro e familiare. Ho comprato di nuovo le Galatine, che da bambina per me significavano serate passate con la mia famiglia a imbustare pettorali e giornate sugli sci, la fine di una gara, il sapore della vittoria e della soddisfazione. Già, perché Galatine era uno sposnsor delle gare di sci che organizzava mio padre in quegli anni. Le Galatine erano dunque legate al mio grande amore per lo sport, alla mia quotidianità e alle mie prime conferme. Un dolcetto può essere molto di più di un momento di coccola per il nostro palato. E da quel giorno al supermercato ho ricominciato a comprarle, questa volta per le mie figlie, 30 anni dopo, e ho raccontato alle mie bimbe cosa significassero per me quei cerchiolini dolci, al sapore di latte. Ho fatto vedere loro come mi divertivo ad aprirne la confezione. Ora le Galatine sono in cucina, in un barattolo in bella mostra di fianco al lavandino. E sono diventate un mezzo attraverso il quale apro spiragli di me alle mie bambine, mostro loro aspetti di me che erano e che continuano, magari in modo latente, a far parte del profondo della loro mamma. Sono quella che sono grazie anche allo sport, allo sci, all’amore che la mia famiglia mi ha trasmesso per l’agonismo. E le Galatine ne rappresentano un simbolo.

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