Io, Mikonos e David Bowie

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Scrivo, in questo malinconico inizio di 2016 in cui mi sembra che il mondo in cui sono cresciuta si sia sgretolando ogni giorno di più. Oggi è morto David Bowie, qualche giorno fa una canzonetta estiva mi riportava come un fulmine su un’isola greca, quando la mia unica responsabilità era mantenere la media alta all’università, quando il cruccio più grande era scegliere la discoteca per la serata.

Quel mondo non c’è più, quelle pazzie da giovane donna a cui sembrava che il mondo fosse il suo palcoscenico non ci sono più, quella donna non c’è più. E da oggi non c’è più neanche David Bowie. Lo so, non c’è correlazione logica tra queste due cose, tra il mio sentire e la morte del Duca Bianco. Ma questa notizia è arrivata in un momento in cui il mio sguardo è rivolto al passato, probabilmente per ripercorrere la strada che mi ha portata fin qui. Pensare a ieri per capire oggi, insomma.

Dimentico le situazioni, i nomi delle persone e, in apparenza, anche le sensazioni. Poi, una sciocca canzoncina latina mi fa pensare a persone con cui ho condiviso la più emozionante ed elettrizzante vacanza della mia vita. E, a pensarci fino in fondo, quello che ricordo con più nitidezza – e con più tenerezza – è il vento freddo su quello scooter giallo al ritorno da Cavo Paradiso, la discoteca che apriva alle 5 del mattino. Su quello scooter mi ci sono anche addormentata, mi dicono, ma quello che ricordo è che, con la scusa del vento, mi accoccolavo sulla schiena di colui che mi stava riportando a casa. Il profumo della macchia mediterranea e la sensazione che non avrei voluto essere da nessuna altra parte.

Sempre una canzone, sempre la musica, mi riporta indietro ancora di qualche anno. In camera mia, il cd dei Queen nel lettore, un foglio scritto a mano con il testo di Under Pressure e la mia voce che cercava di arrivare a prendere quelle note alte e piene che uscivano dalle bocche di David Bowie e Freddy Mercury, i miei due miti, insieme, in uno dei brani che più ho amato in vita mia. Cantavo senza preoccuparmi che la mia voce potesse disturbare i vicini, con il volume alto nelle orecchie, impegnandomi a fondo in quello che stavo facendo. Volevo diventare la cantante di una band, sogno mai realizzato.

Quegli anni non ci sono più. Io però sono qui. E se sono come sono è frutto anche di quei balli e quei baci in mare, di quelle canzoni cantate come fossi stata l’unica abitante della Terra, di quelle pazzie, di quelle risate e di quel trucco, di quelle nottate passate a discutere di filosofia e di Dio, di David Bowie e di Freddy Mercury, delle – poche – canne e della sensazione che la Vita fosse mia, sempre, per sempre.

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