“Mio figlio è tanto sensibile”
“Il mio bimbo ha bisogno di stimoli positivi”
“Non può stare seduto tutta la mattina, ha bisogno di correre”
“I rumori lo infastidiscono”
“Se non c’è caos non sta bene”
Basta passare un pomeriggio davanti a una qualsiasi scuola – meglio di quartieri centrali o residenziali – per accorgersi che le mamme trascorrono il tempo a parlare male degli insegnanti, a scambiarsi pareri sui fatti gravissimi che accadono a scuola e a piangere per l’ansia da trauma che, secondo loro, i loro pargoli vivrebbero ogni mattina.
Ora, posto che la scuola italiana è tutt’altro che un lager, mi pare un tantino esagerato. Mi farebbe anche ridere questo atteggiamento, se non pensassi che ad ogni mamma che piagnucola corrisponde un futuro adulto con cui le mie figlie dovranno vedersela. Un mondo fatto dei prodotti di queste mamme, che onestamente faccio fatica ad augurarmi per le ragazze che crescono in casa mia.
Abbiamo smesso di fare i genitori, abbiamo iniziato ad essere tuttologi. Il pediatra? Una pedina del sistema comandato dalle lobby delle case farmaceutiche. La maestra? Un’incapace che applica metodi a casaccio – e comunque sempre sbagliati. Nessuno sa meglio della mamma di cosa ha bisogno il proprio bambino. E invece no! Non c’è cosa più sbagliata: parlo per me dicendo che navigo a vista, con parecchio bisogno di seguire ciò che persone preparate che hanno studiato per occuparsi dei bambini mi suggeriscono. Ho la certezza di commettere errori ogni giorno con le bambine. So di essere tutt’altro che infallibile e ritengo che sì, per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio. Ognuno con le proprie competenze, per il bene di TUTTI i bambini.
Ogni bambino in una classe ha delle esigenze specifiche. Ogni individuo ne ha. 25 persone, 25 necessità, 25 modi di risolvere un problema. La diversità, quanta ricchezza! Ma ognuno di quei 25 bambini deve rendersi conto che esistono altri 24 come lui, con i medesimi diritti e doveri e che, guarda te che scoperta!, i suoi diritti finiscono dove iniziano quelli di ognuno degli altri 24. Una classe è una comunità, che per definizione è
Insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni
Quindi non è un gruppo di individui che per caso si trova nello stesso luogo. Rapporti sociali, morali, interessi comuni, abitudini comuni. Rapporti sociali. La classe è la rappresentazione della società che i nostri figli vivranno da protagonisti. La classe è il palcoscenico di prova per la vita. E allora perché noi mamme, invece che affannarci ad insegnare a nostro figlio a rispettare il prossimo, ci agitiamo tanto affinché i SUOI diritti vengano salvaguardati e i SUOI bisogni soddisfatti? Non ci importa del suo comportamento, non vogliamo sentir fare critiche al suo modo di interagire. Lui è sensibile, lui ha bisogno di essere protetto. Supponiamo, anzi diamo per scontato, di sapere che il nostro bimbo si comporta in un certo modo, come a casa, anche a scuola. Anche se non siamo presenti, anche se non abbiamo modo di vederlo in quel contesto. Ognuna per sé e per suo figlio, nessuna intenzionata a cedere su nulla, per il bene della comunità.
Crediamo di essere consapevoli, attente all’ambiente, baluardi del femminismo moderno, contro le discriminazioni di genere. E invece siamo solo madri di tanti piccoli egoisti figli unici con fratelli, egoiste a nostra volta, bulle leonesse che sbranano chiunque osi toccare i cuccioli.
Il mondo di domani non sarà migliore, almeno finché le classi di oggi sono peggio di quelle di 30 anni fa. Ed è solo colpa nostra.
0