
C’è un momento del primo anno di vita delle mie bambine che ricordo con estrema ansia. Si tratta del rientro in ufficio dopo la pausa per la maternità.
Quei 12 mesi mi hanno cambiato la vita, in quel periodo sono diventata mamma e tutte le mie convinzioni di prima hanno lasciato spazio a nuove esigenze, ritmi rivoluzionati, priorità invertite. Insomma, in 12 mesi sono diventata un’altra. E la mia azienda? Anche per lei era passato un anno, un anno duro che preludeva alla crisi e che aveva visto cambi ai vertici e agli organigrammi. Il mio ufficio non c’era più e non sapevo dove sarei stata destinata. Non che in quel momento mi importasse molto della carriera e della destinazione, ma il fatto di non avere certezze aumentava la mia ansia.
Ho vissuto l’ultimo mese di maternità in uno stato di semi-coscienza, piangendo spesso e chiedendomi ogni giorno “Perché devo rientrare?”. Desideravo stare ancora con la mia bambina, non ero pronta io per il distacco e probabilmente non lo era neanche lei. Niente da fare, però, il calendario segnava quella data che si avvicinava sempre più e io non so cosa avrei dato per posticiparla.
Non per tutte le mamme è così. Molte amiche desiderano rientrare in ufficio, riprendere la loro vita di prima e ritornare ad avere un ruolo oltre a quello, magico ma pesantissimo, di mamma. Dalla mia osservazione del panorama di mamme, mi sono fatta l’idea che alla ripresa del lavoro arriviamo pronte o meno, anche a seconda delle aspettative che nutriamo nei confronti della nostra carriera.
Le aziende secondo me potrebbero fare molto in questa direzione, cercando di far conciliare le nuove esigenze personali con l’attività lavorativa, affiancando le donne in un percorso di riavvicinamento al lavoro che non le tenga fuori dai giochi per un anno, informate degli accadimenti interni solo tramite il sentito dire dei colleghi. Una valorizzazione, insomma, della persona che porterebbe le donne a sentirsi accompagnate e stimate dalla propria azienda.
Pessimo è stato il risveglio la mattina del rientro al lavoro, con la consapevolezza che avrei passato la giornata in un ufficio, parcheggiata, senza un computer, un telefono e magari a caccia degli scatoloni con i miei oggetti personali, abbandonati in chissà quale magazzino. Forse con un po’ più d’impegno da parte dell’azienda il mio rientro sarebbe stato più sereno.
Quali sono le vostre paure nei confronti del rientro in ufficio? Cosa vorreste che facesse la vostra azienda?
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una cosa positiva sarebbe il part-time su richiesta della lavoratrice madre (o del padre… non dimentichiamolo!), sarebbe un gran passo avanti per conciliare lavoro e famiglia. In tante aziende, come quella dove lavoravo io, il part-time però è tabù.
Tu parli di un anno di maternità…
io sono stata 5 mesi esatti in maternità + 7 gg di ferie
L’orario di lavoro che faccio adesso è idilliaco 8.30/14.30: ho tempo per fare quasi tutto!
Ahimè l’allattamento durerà solo fino a quando Greta avrà compiuto un anno
Chiederlo per sempre è impossibile
Cara Cristiana, come ti capisco…. la mia bimba deve ancora nascere e gia’ penso al rientro al lavoro e come organizzarmi per stare piu’ tempo con lei e i suoi fratelli. Magari concedessero sempre un pat-time fino almeno al terzo anno di vita del bambino. Sarebbe bellissimo. Saremmo delle mamme piu’ serene, realizzate e produrremmo anche molto di piu’ per l’azienda in cui lavoriamo!!!!!
Io, che lavoro a un’ora e mezza da casa, e che non potevo tollerare di arrivare tutte le sere alle 19.30 dai miei bimbi, ho chiesto e ottenuto di lavorare in parte da casa.
Per i primi tre anni ho lavorato tre giorni in ufficio e due completi da casa. Ora che sono stata promossa capo ufficio vado tutte le mattine ma due o tre pomeriggi li faccio da casa.
Esempio di lungimiranza dei vertici!
Lungimiranza davvero! Meno male che ci sono anche situazioni come la tua, danno speranza a tutte 🙂