Le mie figlie, lontane ma qui

mamma lontana dai figliLa valigia si riempie di vestiti, “dunque vediamo, un abito elegante per la cena di gala, qualcosa di formale ma non troppo per l’incontro con il cliente, una felpona per il viaggio in treno, i trucchi, deodorante-spazzola-struccante-crema-spazzolino-dentifricio-piastra per i capelli. Ah, sì, il pigiama. Il powerbank per il cellulare, il portatile, la Canon. Un quaderno per gli appunti”.

Loro due lì, sedute sul letto. “Ahahahaha, ma dove devi andare vestita così?”. Ridiamo, anche se un filo di malinconia percorre la stanza. Ogni volta è un piccolo distacco, ogni volta sappiamo che durerà pochi giorni. Quell’ultimo bacio sulla porta, mentre escono per andare a scuola e al loro rientro io sarò a centinaia di chilometri di distanza, ha sempre un retrogusto amarognolo.

Non è facile lasciare i figli, anche se so che saranno felici senza di me, anche se li sto lasciando con il loro papà che organizza per loro giornate di nuove scoperte e coccole.

Insieme a questa sensazione, però, c’è quel brivido di libertà (non trovo termine più adatto per definirlo) perché so che potrò occuparmi solo di me stessa, la felicità di dedicarmi al mio lavoro, la certezza che mi aspettano giorni stimolanti e leggeri, nonostante ritmi forsennati e ore impegnative a livello emotivo e intellettuale. Io lavoro con il cuore e con la testa, non sono capace a risparmiarmi né a vivere a metà le situazioni. Mi tuffo nel mare fresco delle mie trasferte, vivo a mille corsi di formazioni, riunioni strategiche, progetti che nascono da chiacchiere delle tre del mattino, senza che la mia testa rimanga a casa.

Se sono via io non ci sono.

Sento le mie figlie solo se loro vogliono sentirmi, ma posso stare anche un’intera giornata senza parlare con loro. Io so che loro stanno bene e che sono felici anche se altrove. So di amarle con tutta me stessa, sia che io sia presente o assente. Sofia e Cecilia non hanno bisogno delle mie perenni dimostrazioni d’amore. Già, forse non sono la mamma che c’è sempre, sono quella un po’ incasinata che non ha paura di piangere davanti a loro e che ogni tanto è altrove, fisicamente e con la testa. Spero che questa mia intermittenza faccia capire loro che l’amore non è presenza perenne, ma è fatto di presenze e assenze, indipendenza e legami profondi che superano l’assenza.

Sono in stazione, torno a casa, da loro, con una pesante valigia di vestiti da lavare ed esperienze arricchenti. Le mie vite si danno il cambio, ancora una volta, accompagnate come sempre da quel filo di malinconia, che c’è quando parto e quando torno. Chissà, magari un giorno anche io avrò una vita sola, ma chissà dove saranno Sofia e Cecilia allora. Sempre accompagnate dalla certezza del mio amore, altrove.

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