Lettera alle mie figlie, all’alba di un giorno che mi fa paura

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Sofia, Cecilia,

che mondo avrete nel vostro futuro? Ho davvero fatto tutto quello che potevo per farvi crescere in un mondo in cui a vincere siano i buoni? Ma poi dove sta il giusto?

Ho sempre pensato che la mia generazione fosse migliore delle precedenti, che sì, avremmo fatto un buon lavoro per consegnare un posto un po’ meno tremendo di quello in cui siamo stati costretti a vivere, in quello, soprattutto, in cui sono cresciuti i nostri genitori e nonni.

Avevo 8 anni quando ragazzi poco più grandi di me colpivano con tutta la loro forza quel muro che stava crollando, 12 quando a Maastricht veniva firmato un documento che avrebbe dovuto cambiare il mondo, 21 quando quelle firme si trasformavano in qualcosa di concreto e tangibile.

Sono cresciuta con i racconti del nonno Enrico, che nel cuore del sogno dell’Europa unita c’era stato, giovane studente di Legge, tra i primi a credere a quei valori fondanti di uguaglianza, unione e pace. L’estate scorsa, la notte in cui la Gran Bretagna ha deciso di non credere più all’Unione Europea, abbiamo pianto insieme, il nonno ed io.

Oggi mi ritrovo a guardare la cartina degli Stati Uniti quasi interamente rossa, di quel colore che segnerà un nuovo, drammatico, passo verso la ricostruzione di muri, di odio e discriminazione. Oggi ho paura. Ma forse, più di tutto, mi sento sconfitta. Sento le stesse emozioni di quell’11 settembre che all’inizio di un nuovo millennio ci ha destati dal sogno di aver superato il secolo della miopia e dell’ignoranza. A quello si aggiunge la disillusione della “generazione Erasmus”, di noi che per primi ci siamo sentiti cittadini del mondo, liberi di viaggiare e vivere ovunque, in una globalizzazione che ci sembrava l’unico futuro possibile. Sconfitta, disillusa e spaventata.

Vorrei potervi dire che andrà tutto bene. Vorrei potervi abbracciare e proteggere per sempre da ciò che vi aspetta. Vorrei potervi dire che non sarete discriminate perché donne, che non ci saranno ostacoli a scegliere di vivere dove vorrete come vi sto insegnando a fare, che non correrete rischi a dire quello che pensate. Non posso neppure dirvi che nel nostro futuro non ci saranno più gli orrori che la nonna che portava il tuo nome, Sofia, ha visto con i suoi occhi di ragazza.

Posso solo augurarmi che qualcuno aiuti noi adulti a smetterla di fare cazzate di questa portata e voi a rimediare agli errori fatti dalla nostra miopia.

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