Volente o nolente mi trovo a spostare l’asticella sempre più in alto, a superare le mie paure, a condividere aspetti di me che non credevo sarei mai riuscita a raccontare a nessuno. L’altra faccia della medaglia sono le ore di shopping sfrenato insieme, le risate come se fossimo tre ragazzine, i discorsi profondi, le serate di cinema a casa, lo sport tutti insieme.
Crescono. Crescono in fretta i figli. Sembra una frase fatta, ma cavolo se è vero. Sembra ieri che uscivo con il passeggino doppio, che mi fermavo ad allattare Cecilia su quella panchina di piazza San Carlo mentre offrivo la merenda a Sofia. Sembra ieri che il pianto di Sofia mi preoccupava, che i primi passi di Cecilia mi emozionavano, che il cambio dei pannolini era diventato più rapido del pit-stop, che i dentini che spuntavano facevano salire la febbre e l’apprensione.
E invece, di anni ne sono passati parecchi, di cose ne sono cambiate tante. Il cambiamento più grande, però, è stato in loro: da neonatine si sono trasformate in persone che ragionano con la propria testa e portano avanti le proprie idee.
Sono diverse come la luna e il sole, e lo esprimono in tutte le loro manifestazioni, dal primo sguardo del mattino al modo di dormire. Le certezze di Cecilia, i dubbi di Sofia, le risate contagiose di Cecilia, i sorrisi sotto traccia di Sofia, i baci al telefono di Cecilia, lo stare in un angolo di Sofia, l’abbigliamento scintillante di Cecilia, il look casual di Sofia: in tutto e per tutto esprimono le proprie emozioni in modo diverso, diametralmente opposto.
E io mi trovo lì nel mezzo, a cercare di offrire il meglio di me – il peggio esce già da solo, senza sforzi – ad entrambe, consapevole che il meglio per una non è il meglio per l’altra. Le differenze rendono il compito di mamma davvero complesso e, allo stesso tempo, sfidante ed entusiasmante. Già, era tenero e pieno d’amore quel periodo di coccole strette strette, bacini sul pancino, solletichini e addormentamenti sul mio seno. Mi sentivo un tutt’uno con ognuna delle mie figlie, mi sentivo completa, amata, accettata senza se e senza ma. Mi sembrava che non ci fosse nient’altro da desiderare, nessun’altra situazione in cui sarebbe stato altrettanto confortevole stare.
Ecco, ora che lo scrivo mi viene in mente che in effetti avere figli piccoli per me era una comfort zone, un luogo caldo e pieno d’amore in cui rifugiarmi, in cui nascondermi dal resto del mondo. Oggi invece da quella comfort zone sono dovuta uscire, non vi nego la difficoltà enorme che ho fatto, e le mie figlie sono diventate la mia sfida quotidiana. Iniziano a mettermi in discussione, a farmi domande a cui neanche io sono mai riuscita a rispondermi sul mio aspetto o sulla filosofia della vita. Volente o nolente mi trovo a spostare l’asticella sempre più in alto, a superare le mie paure, a condividere aspetti di me che non credevo sarei mai riuscita a raccontare a nessuno.
L’altra faccia della medaglia sono le ore di shopping sfrenato insieme, le risate come se fossimo tre ragazzine, i discorsi profondi, le serate di cinema a casa, lo sport tutti insieme.
In conclusione, pensavo che il meglio della maternità fosse nei primi anni di vita dei bimbi, e invece no. Il meglio deve ancora venire!
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