Lo sport (non) è un affare di famiglia

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Sport è passione, determinazione, sacrificio, soddisfazione, conferma, sconfitta, integrazione, competizione, conoscenza dei propri limiti, megafono di fiducia in se stessi. E moltissimo altro ancora. Lo sport è un elemento irrinunciabile della crescita e dello sviluppo dei bambini.

Chi non ha avuto la fortuna di imparare a conoscere, apprezzare, innamorarsi perdutamente dello sport durante l’infanzia probabilmente fatica a capire che l’importanza dello sport per i bambini va ben al di là dei risultati concreti o dei fondamentali. Lo sport può essere il motore di un’apertura verso gli altri (sapete cosa significa per un bambino sapersi parte di una squadra?) o miccia di una fioritura anche del più insicuro tra i cuccioli (sapete cosa si prova quando, dopo mesi di allenamento, il cronometro decreta che finalmente hai battuto quel prepotente che ti prendeva in giro?).

Ma lo sport deve essere amato da chi lo pratica. Non scelto a tavolino dagli adulti, né men che meno imposto dai genitori che riversano frustrazioni e aspettative su un altro, malcapitato, essere umano, il proprio figlio. Entrare in piscina da bambina mi provocava conati di vomito. Ho odiato l’insegnante, l’odore di cloro, le travi del soffitto, le goccioline negli occhi, i phon eterni e le cuffie. Non ho imparato tutti gli stili nonostante 4 anni di corsi. Nel frattempo, però, con due lezioni all’anno ho imparato il salto del tre, il tow-loop e il salchow. E li provavo, senza pattini, in cameretta e negli spogliatoi della piscina. Ma vi rassicuro: mentre diventavo insegnante di pattinaggio ho imparato ad amare le nuotate in mare aperto e i tuffi dagli scogli più alti della costa. Il mio egocentrismo mi fa portare me stessa ad esempio, perdonatemi. Tuttavia, spero che il punto sia chiaro: lo sport va amato dai bambini che lo praticano. Anche se i genitori sono campioni nazionali di dressage, il bimbo potrà desiderare di fare arti marziali. O se il papà sogna di avere in casa il prossimo Totti ma il figlio vuole essere uno dei fratelli Abbagnale.

Quindi, mamme e papà, adesso che dovete decidere (l’abbiamo già detto che voi non decidete un bel niente, vero?) quale sport far fare a vostro figlio, prendete le vostre aspettative e i vostri sogni infranti e piegateveli stretti stretti in tasca, mordendovi la lingua nel caso in cui vi venisse da tirarli fuori anche solo per caso, caricate in macchina vostro figlio e portatelo agli open day di più sport possibili. Lasciate che sia lui a scegliere quale sogno inseguire, in cosa impegnarsi, per quale obiettivo sudare, chi saranno i suoi idoli. E se tra 6 mesi dovesse cambiare idea, lasciategli aperta la porta.

La strada verso lo sport del cuore è costellata di tentativi, cadute, perdita di orientamento e anche qualche lacrima. Ma in tutto questo percorso noi genitori dobbiamo solo tenere i nostri figli per mano. E far capire loro che noi ci siamo sempre. Tirarli in lacrime o spingerli a suon di urla non li farà certo arrivare da nessuna parte. Forse ci farà solo odiare un po’ di più.

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